13 settembre 2016 - 8 gennaio 2017
La mostra è nata con l'intento di richiamare per la prima volta l’attenzione del pubblico sull’importante collezione di orologi conservata negli ambienti di Palazzo Pitti, residenza di tre diverse dinastie: medicea, lorenese e sabauda.
Gli orologi presenti a Palazzo Pitti sono oltre 200, 60 dei quali scelti per il loro valore artistico e scientifico ed ambientati in una suggestiva scenografia di arredi e dipinti coevi.
Orologio notturno ad anfora biansata
Parigi, 1810-1820 circa
bronzo dorato e dipinto; cm 54 × 40, base cm 16 × 16
Firenze, Museo Stibbert
Il percorso espositivo si snoda in alcune sale dell’Appartamento della Duchessa d’Aosta, permettendo ai visitatori di scoprire vari tipi di orologi utilizzati a corte nelle varie epoche quando furono importanti per poter regolare i ritmi della vita , oltre che simboli di prestigio per chi li possedeva.
In questi oggetti saranno valutate e apprezzate le due anime : quella scientifica e quella artistica. Da una parte l’orologio vero e proprio, composto di meccanismi sempre più sofisticati e complessi, dall’altra la cassa che, nata per proteggere il delicato contenuto, si è andata trasformando in vero oggetto d’arte. Per mettere in condizione il visitatore di comprendere bene anche i più nascosti congegni di questi geniali orologi si è ritenuto utile fare introdurre la mostra da un filmato che ci fa capire il loro meccanismo.
Orologio da tasca
meccanismo: Francesco Papillon (notizie primo quarto XVIII secolo)
1700-1724 bronzo dorato; diam. cm 6
Firenze, Gallerie degli Uffizi, Tesoro dei Granduchi
Prima che l’orologio meccanico fosse messo a punto e perfezionato, la ricerca degli scienziati si servì dei mezzi il cui funzionamento era basato sulla lettura degli astri, principale punto di riferimento legato al naturale passare delle ore e dall’alternarsi del sole e della luna. Vedremo quindi esposta una ampia panoramica di strumenti scientifici, come la replica del Giovilabio di Galileo o diversi esemplari di orologio solare, utilizzati per misurare il tempo prima della nascita dell’orologio e provenienti da altri musei fiorentini quali il Museo Galileo e il Museo Stibbert.
Orologio solare dittico
Hans Troschel (attivo a Norimberga, 1614-1634)
fra 1614 e 1634
avorio, vetro, metallo; cm 9 × 5,5 × 9,5 (aperto)
Firenze, Museo Galileo – Istituto e Museo di Storia della Scienza
L’arte orologiaia affascinava i nobili abitanti della Reggia, che si servirono dei migliori maestri attivi in Italia, e non solo, invitandoli presso la propria corte per la creazione di importanti pendole. Esempio di questo particolare rapporto è un orologio da mensola realizzato dall’inglese Ignazio Hugford nei primi anni del Settecento per Cosimo III. Inseriti in un suggestivo e spettacolare allestimento, i segnatempo in mostra documentano stili di epoche diverse, ed i gusti di coloro che si successero sul trono del Granducato di Toscana: dalla sobria eleganza della religieuse decorata con lo stemma mediceo e con la mostra sorretta dalla figura alata e barbuta, allegoria del tempo, all’orologio raffigurante una maestosa Aurora, ogni pezzo ci dimostra quanto fosse importante dare al tempo una materializzazione simbolica. Il quadrante diviene così il centro di una composizione che avvolge l’incessante girare delle lancette; principali fonti di ispirazione per gli artigiani che decoravano questi manufatti furono le divinità mitologiche, personificazione di idee astratte legate allo scorrere delle ore, ma anche animali dal significato metaforico, come nell’esemplare di orologio da mensola allocato sul dorso di un elefante, simbolo di pazienza e longevità.
Orologio da mensola
cassa: manifattura francese, meccanica: Francia, 1810 circa,
bronzo cesellato e dorato; cm 58 × 67 × 21, teca cm 82 × 74 × 31
Firenze, Gallerie degli Uffizi, Galleria Palatina e Appartamenti Reali, Sala di Ercole
I segnatempo saranno affiancati a dipinti in cui, fra i ricchi fondali scenografici, è possibile ammirare orologi simili a quelli in mostra, permettendoci così di immaginare come dovevano apparire inseriti nel loro contesto originario. E’ questo il caso del grande Ritratto di Maria Luisa di Parma di Laurent Pécheux in cui appare una mostra d’ orologio in tutto simile allo strumento che qui si espone, ma sostenuto da un rinoceronte anziché da un elefante. O ancora, potremo osservare opere concettualmente significative, come accade nel capolavoro Le tre età dell’uomo di Giorgione, in cui l’idea del trascorrere del tempo viene affidata ad una enigmatica lezione di canto, testimoniando una volta di più lo stretto rapporto del passaggio del tempo con la musica.
Accompagnati dal ticchettio degli orologi, e suggestionati dall’idea di udire gli stessi suoni che echeggiavano nelle sale di Palazzo Pitti quando era ancora Reggia, si arriverà quindi alla sezione dedicata al rapporto fra tempo e musica. Se nella teoria musicale il concetto di tempo indica l’andamento, ovvero la velocità di esecuzione della composizione, altrettanto importante è stata l’applicazione di congegni sonori al meccanismo dell’orologio, in modo da farlo suonare allo scoccare di ogni ora, o ancor più spesso. Questa consuetudine portò a sorprendenti risultati attraverso l’utilizzo dei segnatempo per il miglior funzionamento degli strumenti musicali. Superbo esempio ne è l’Orchestrion esposto nella Sala della Musica, congegno in grado di suonare come un’orchestra, regolato dall’orologio a lira posto sulla sua sommità. Inoltre, la creazione di orologi musicali fu spesso associata all’uso di automatismi, come nel caso dell’orologio da mensola a forma di voliera con uccellini meccanici colorati, in un intreccio fra tecniche di orologeria e meccanica dagli esiti sicuramente meravigliosi per gli spettatori dell’epoca.
Il corpus di segnatempo di Palazzo Pitti trova un perfetto completamento nelle donazioni da parte di collezionisti di importanti gruppi di orologi da persona, pervenute al Museo del Tesoro dei Granduchi a partire dal 1929. Esposta una selezione in mostra, questa tipologia di orologi si impose in maniera significativa a partire dai primi anni dell’Ottocento, per divenire sinonimo di eleganza sia maschile che femminile; anche in questa sezione gli orologi saranno accostati a dipinti così da poter osservare come si indossavano tali accessori. Verranno poi esposti anche veri e propri abiti, rimembranza dell’abitudine a vestire, secondo un preciso “galateo”, la mise giusta rispetto al momento della giornata. Oggetto funzionale, ma allo stesso tempo ornamento prezioso, l’orologio da indossare è un accessorio che muta di pari passo con il cambiamento sociale in atto alla fine del XIX secolo e che giunge alla sua metamorfosi definitiva con l’orologio da polso, così fondamentale per i nuovi, frenetici ritmi della vita nell’epoca moderna.
Il tempo Reale, tradotto nelle forme dei preziosi orologi delle Collezioni Granducali e Reali di Palazzo Pitti, si conclude simbolicamente con l’opera di Piero Bernardini La partenza del Granduca Leopoldo II da Firenze nel 1859, momento in cui le sorti della Toscana e dell’intera penisola viravano verso la realizzazione dell’unità nazionale. Il palazzo avrebbe di lì a poco cambiato il suo ruolo, divenendo spazio per il tempo della realtà, perdendo la funzione di reggia per acquisire quella di museo.
A fare da anello di congiunzione fra Ottocento e Novecento, una serie di preziosissimi gioielli contemporanei ispirati al tempo, come l’anello di Fausto Maria Franchi Ore perdute, o la collana d’ispirazione surrealista L’eterno ritorno di Virginia Tentindò, oggetti dall’importante contenuto concettuale che ci mostrano forme inedite per rappresentare il tempo. Questo piccolo approfondimento ci introdurrà all’ultima, sezione della mostra, dedicata al Novecento e allestita presso il Saloncino delle Statue all’interno del percorso della Galleria d’arte moderna. In questa sala saranno esaminati alcuni aspetti del nuovo modo di percepire il tempo nel XX secolo: un tempo straniante, come può essere quello racchiuso nella figura dello Straniero di Felice Casorati, o veloce e meccanico, come testimonia il Libro imbullonato di Fortunato Depero; oppure oggetto di ossessiva attenzione, come nell’opera lirica Il diavolo nel campanile, della quale viene esposto un' interessante interpretazione scenica di Dino Buzzati. Accezioni queste, di un tempo reale e di una concezione moderna che oramai ha preso il posto del tempo Reale, con la lettera maiuscola, tuttavia ancora presente nelle stanze di Palazzo Pitti grazie al suono dei suoi orologi.
La mostra a cura, come il catalogo edito da Sillabe, di Enrico Colle e Simonella Condemi, è promossa dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo con le Gallerie degli Uffizi e Firenze Musei.
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