martedì 27 maggio 2008

Afghanistan : le " missioni di pace " armate !


Una innocua frase " missioni di pace " è alla base di tante incomprensioni politiche internazionali e più che altro ha creato e crea una ingiusta non comprensione dell’intervento militare italiano in Afghanistan sia in Italia che all’estero.
La frase missione di pace , di facile comprensione , si complica terribilmente quando gli operatori di pace assegnati sono costituiti da militari attrezzati di tutto punto con elmetti , tute mimetiche , armi automatiche , ecc.
I militari italiani che partecipano alla missione Onu Isaf (International Security Assistance Force )in Afghanistan sono 2.700 per lo più dislocati ad Ovest nella città di Herat con comando Italiano e a Kabul presso il Provincial Recostrucion Team italiano .
La zona dove sono più frequenti i conflitti con i talebani è quella a Sud ed è chiaro che , quando la situazione militare è più tesa , il comando ONU di possa richiedere rinforzi da altre zone.
In pratica però , quando si tratta di menar le mani , i vari comandi delle forze Nato presenti in Afghanistan , possono rifiutare l’ordine e temporeggiare fino a che i politici del proprio paese autorizzano o non autorizzano l’intervento armato. Questo complicato meccanismo ha un nome : " caveat " che per i militari italiani sancisce che non possono essere impiegati fuori della loro zona se non in casi eccezionali e dopo l’autorizzazione del governo che deve decidere entro 72 ore dalla richiesta inoltrata . Vi faccio notare che 72 ore corrispondono a 3 giorni : la cosa è a dire poco comica . Ve lo immaginate un contingente militare che sotto il fuoco nemico aspetta rinforzi ?
L’atteggiamento italiano è stato redarguito nei soliti termini politichesi - internazionali che bacchettano certi atteggiamenti indesiderati con terminologia suadente e melliflua. Comunque l’attuale governo ha come obbiettivo quello di ridurre la flessibilità del caveat da 72 a 6 ore il che vuole dire ridurre di 12 volte le barzellette sulle forze armate italiane presenti in Afghanistan pubblicate sulla stampa internazionale.
E’ un buon inizio.

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