venerdì 21 marzo 2008

Quel giorno che mio padre Guidi Gino conobbe Giovanni Bartolena












Giovanni Bartolena
Marina a Castiglioncello (1925-1930)
olio su tavola, cm 26x37,8


L’incontro avvenne per merito di Jolanda Terramocci , la fidanzata , futura moglie che abitava in via Marradi ( angolo via Cambini ) al 2° piano di un edificio centrato da una bomba e raso al suolo durante un bombardamento del ’43.
Fortunatamente quel giorno in casa c’era solo il cane Pallino !
Dalla finestra di questo appartamento vedeva un ‘ bugigattolo’ ( piccolo locale sottotetto con finestrina ) dal quale spesso scorgeva un braccio che lanciava sui tetti del liquido per svuotare un piccolo recipiente. Il gesto incuriosì Jolanda che lo riferì a Gino , il quale provenendo da una famiglia di pittori , intuì rapidamente che lì doveva abitarci un pittore che semplicemente svuotava il recipiente con la trementina.
La curiosità spinse Gino e Jolanda a capire chi fosse il vicino artista e ben presto fu individuato : era Giovanni Bartolena già anziano e malandato .
La vicenda che sto narrando si svolse nel 1936 , quindi Giovanni Bartolena ( nato a Livorno nel 1866 ) aveva 70 anni e la sua salute era già molto malferma tanto che pochi anni dopo , nel 1942 , morì praticamente da solo e nel completo anonimato presso l’ospedale civile.
Mio padre Gino Guidi aveva individuato lo studio di Giovanni Bartolena ed un giorno , pur sapendo della ritrosia dell’artista ad incontrare persone ,si fece coraggio e bussò al suo studio.
Venne ad aprire un vecchio macilento con un grande cappello in testa , toscano spento in bocca e calosce ai piedi ( era estate !!). Una confusione tremenda , un’aria irrespirabile in quel sottotetto saturo di odori di colori ed acquaragia , un grande cavalletto con un’opera in allestimento , tante altre tavole dipinte accatastate casualmente ai muri perimetrali , una brandina , un lavabo ed un braciere. Non conosco il contenuto del colloquio , per certo fatto di poche parole e tanti gesti culminati con l’acquisto da parte di mio padre di due quadri ( un paesaggio toscano con un carro trainato da due buoi bianchi ed una natura morta con datteri ) che molti anni dopo furono sacrificati in mio nome per l’acquisto della mia prima cinquecento ! ( auto Fiat 500)


Cenni biografici di Giovanni Bartolena ( 1866-1942)





Natura morta 1927 olio su tavola cm.39x41



Nato a Livorno, Giovanni Bartolena ebbe da giovanissimo come maestro lo zio Cesare, autore di quadri di battaglie e ritratti. Nel 1886 si trasferì a Firenze, con l'intento di proseguire la sua formazione alla Scuola Libera del Nudo, sotto la guida di Giovanni Fattori, ma il proposito ebbe breve durata .Esordì al pubblico solo nel 1892, alla Promotrice di Torino; nello stesso periodo strinse amicizia con Signorini, Lega ed altri frequentatori del Caffè Michelangelo di Firenze.




Michele Gordigiani 1858 Ritratto di Cesare Bartolena
olio su tela cm.83,5x64



Negli anni successivi cercò di dipingere con maggiore impegno ed assiduità per trovare il necessario sostentamento e nel 1898 si trasferì a Marsiglia ma, dopo sei mesi decise di tornare in Italia. Si stabilì prima a Lucca, poi a Firenze, dove rimase fino allo scoppio della prima guerra mondiale. Nel 1915 andò in Versilia, a Fossa dell'Abate, ospite dell'amico Plinio Nomellini; nel 1917 Paolo Fabbrini, direttore del Corriere di Livorno, diventò suo mecenate consentendogli, per circa tre anni, condizioni di vita migliori.






Giavanni Bartolena 1925/30 - Autoritratto

olio su tavola cm. 50x43





Nel 1919 ritornò a Livorno , continuando a lavorare con poca fortuna economica ma nel 1925 avvenne un nuovo incontro , con il mercante di tessuti livornese Luciano Cassuto, che divenne suo mecenate. Fu lo stesso Cassuto ad organizzare la prima personale dell'artista, allestita alla Galleria L'Esame di Milano tra dicembre 1926 e gennaio 1927 e accolta favorevolmente dalla critica, in particolare da Carlo Carrà, che ne scrisse la recensione sulle colonne de L'Ambrosiano. Nel medesimo anno Bartolena espose anche a Bottega d'Arte a Livorno e al Circolo di Cultura di Bologna.
Nel 1929, però si separò da Cassuto, pur continuando ad esporre: nel 1930 alla Biennale di Venezia, l'anno successivo alla Quadriennale romana. I pochi anni che gli restano da vivere sono avari di grandi soddisfazioni anche se comincia a vendere qualche quadro ed il suo nome comincia ad acquistare una certa notorietà . Morirà in grande solitudine all’ospedale civile di Livorno nel 1942.

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