Sabato 11 gennaio 2014 ore 21.00 – La Città del Teatro – Cascina (Pisa)Fondazione Sipario Toscana onlus e Officina Teatrale presentano
MASSIMO VENTURIELLO & TOSCAIL BORGHESE GENTILUOMOdi Molière
regia e adattamento Massimo Venturiello
musiche Germano Mazzocchetti
scene Alessandro Chiti
costumi Santuzza Calì
coreografie Fabrizio Angelini
ideazione luci Umile Vainieri
Prosa e musica coesistono nel variopinto affresco seicentesco che Molière scrisse per compiacere il Re Sole e che va ben oltre il tempo in cui fu creato. Ancora oggi, infatti, un testo come questo, presenta diversi motivi di attualità laddove in Monsieur Jourdain, che tanto si sforza di diventare blasonato, possiamo intravedere la società odierna che tenta in tutti i modi di assomigliare a un ideale di persona potente e vincente a cui tutto è concesso. Massimo Venturiello dirige ed interpreta lo spettacolo insieme a Tosca. La musica accompagna la vicenda che diverte e coinvolge lo spettatore per poi condurlo all’immancabile riflessione.
Note di regiaCon il Borghese Gentiluomo, Molière creò una novità assoluta, non è facile infatti trovare la giusta definizione per questo indiscusso capolavoro che, riduttivamente, viene definito una comédie-ballet.
L’estrema libertà con cui l’autore tratta la vicenda, i toni farseschi, satireggianti, gli elementi fiabeschi, onirici, la prosa densa di ritmo, la tessitura musicale scritta da Jean-Baptiste Lully, la coreografia dei balletti, il tutto, è teso a una teatralità assoluta di grande effetto comico.
La trama è molto semplice: un ricco borghese sogna di diventare nobile, lo desidera con tutte le sue forze, lo pretende con un’esaltazione fuori dal comune. Intorno a lui ruota un’umanità di adulatori e di scrocconi, un’umanità priva di autentiche qualità, che si nutre di ‘senso comune’, che ovviamente lo raggira e asseconda la sua follia, pur di ottenerne un guadagno.
A questi si contrappone la moglie del protagonista, tutta senso pratico e concretezza, che cerca in ogni modo di farlo rinsavire.
Di fronte all’ennesimo rifiuto del ‘borghese’ di dare in sposa sua figlia al ragazzo che ama, perché privo di nobili natali, tutti d’accordo gli giocano la beffa finale attraverso la famosa ‘Cerimonia Turca’ e anche la moglie che, pur criticandolo aspramente ha fino ad allora cercato di proteggerlo, gli si schiera contro lasciandolo definitivamente solo, nella sua folle utopia.
La nostra lettura di questo grande classico del teatro internazionale non intende tradire in alcun modo le intenzioni dell’autore, ma al contrario approfondirle, rispettando anzitutto quello spirito di libertà che anima l’intera opera. Non ci saranno pertanto limiti geografici e temporali e l’azione si collocherà in una atmosfera visionaria (complice lo scenografo Alessandro Chiti e la costumista Santuzza Calì) che avrà un sapore napoletano-parigino, con tutto quello che ne consegue, dalla lingua parlata alla musica.
In particolare le musiche originali di Germano Mazzocchetti, andranno in questa direzione e accresceranno l’ironia insita in tutto il lavoro, ricercando arrangiamenti e sonorità che spazieranno dal rinascimento alla sceneggiata napoletana.
I brani cantati, alcuni dei quali già previsti dall’autore e le coreografie di Fabrizio Angelini, contribuiranno a ‘mostrare’ la vicenda di questo ‘borghese’ accentuandone con sottile sarcasmo, la miseria ideologica. Pur essendo la musica e la danza protagoniste assolute, non credo però che sia corretto accostare questo allestimento a generi teatrali come il Musical o la Commedia musicale. Senz’altro ci saranno momenti che li ricorderanno, ma all’interno di una varietà stilistica che è la peculiarità di questa originalissima opera di Molière-Lully. L’obiettivo da raggiungere è quello di costruire un prodotto fortemente popolare, nel senso più alto, capace cioè di coinvolgere e divertire lo spettatore, stimolandone una riflessione, attraverso il racconto di un microcosmo, nel quale, malgrado la lontananza temporale, è facile rispecchiarsi. Non è forse a noi molto vicino questo ‘borghese’, con la sua necessità di adeguarsi al gusto dominante, che nega le sue origini, i suoi valori e che è pronto a trasformarsi in ‘altro da sé’ e a modificare persino la sua immagine fisica?Non è forse una malattia del nostro tempo quella di inseguire patologicamente un ideale fisico e psichico imposto dai nostri media? Non siamo forse circondati da eterni giovani, da bellezze siliconate, da rampanti pronti a tutto?Questo allestimento, che oltre a me e a Tosca, vede in scena un nutrito cast di attori, ballerini e cantanti, alcuni dei quali già presenti in altri nostri precedenti spettacoli, rappresenta inoltre una caparbia necessità di mettere in scena il ‘gran teatro’, a dispetto dei tagli e delle logiche di mercato dominanti, che inevitabilmente impongono agli enti privati una linea produttiva restrittiva e di conseguenza pericolosa per il futuro del nostro teatro.
Massimo Venturiello
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