venerdì 25 febbraio 2011

Premio Combat 2011


Il PREMIO COMBAT è un premio di pittura e grafica . 70 artistio selezionati esporranno in una mostra finale dal 10 al 18 giugno 2011 ai Bottini dell'Olio in Livorno.
COMBAT prende nome ed ispirazione concettuale dai combat film, filmati realizzati da cineoperatori militari americani durante i combattimenti della Seconda Guerra Mondiale per mostrare alla popolazione americana ciò che stava succedendo nella realtà più cruda . La finalità del PREMIO COMBAT ha lo stesso obiettivo : fare conoscere la verità più attuale dei percorsi artistici intrapresi in questi ultimi anni.
Le iscrizioni per presentare le opere sono aperte fino al 16 aprile.
Per informazioni ed approfondimenti rivolgersi a www.premiocombat.it oppure telefonare al 0586.881165

Premio Combat 2011


Il PREMIO COMBAT è un premio di pittura e grafica . 70 artistio selezionati esporranno in una mostra finale dal 10 al 18 giugno 2011 ai Bottini dell'Olio in Livorno.
COMBAT prende nome ed ispirazione concettuale dai combat film, filmati realizzati da cineoperatori militari americani durante i combattimenti della Seconda Guerra Mondiale per mostrare alla popolazione americana ciò che stava succedendo nella realtà più cruda . La finalità del PREMIO COMBAT ha lo stesso obiettivo : fare conoscere la verità più attuale dei percorsi artistici intrapresi in questi ultimi anni.
Le iscrizioni per presentare le opere sono aperte fino al 16 aprile.
Per informazioni ed approfondimenti rivolgersi a www.premiocombat.it oppure telefonare al 0586.881165

giovedì 24 febbraio 2011

Trovata una bella festa di carnevale in costume !


A Bagni di Pisa
il carnevale si veste d'800



Sabato 5 Marzo

CENA IN COSTUME E DANZE STORICHE
nell'antica residenza del Granduca di Toscana
per rivivere i fasti e l'eleganza dell'800

A SAN GIULIANO TERME (PI)

venerdì 18 febbraio 2011

Dorian Gray : una carriera in 15 anni


Dorian Gray ,all'anagrafe Maria Luisa Mangini (Bolzano, 2 febbraio 1936 – Torcegno, 16 febbraio 2011), è stata un'attrice italiana bellissima e piena di talento che ha svolto tutta la sua carriera artistica in 15 anni per poi sparire nel nulla .
E' ricomparsa il 16 febbraio 2011 con anonimi " trafiletti " di cronaca in molti giornali per annunciarne la tragica morte avvenuta a Torcegno per suicidio.


Debutta in palcoscenico nella rivista Votate per Venere (1950) a soli 14 anni di età con Erminio Macario e Gino Bramieri e subito viene notata la sua bellezza solare dal mondo del cinema che le propone il suo primo film Amo un assassino di Baccio Bandini (1951) Prosegue la carriera nel teatro di rivista con Gran Baraonda (1952-1953) di Garinei e Giovannini al fianco di Wanda Osiris e Alberto Sordi e con Passo doppio (1954-55) con Ugo Tognazzi e Raimondo Vianello. Vince anche il premio Maschera d'argento.
In seguito lascia definitivamente il teatro perchè assorbita totalmente dal cinema dove interpreta 32 film .
Prende parte infatti a numerosi film negli anni cinquanta e sessanta , soprattutto di genere brillante fino al suo ultimo film Fango sulla metropoli di Gino Mangini del 1965.
Tra i suoi ruoli principali c'è quello della malafemmina in Totò, Peppino e... la malafemmina (1956), l'attrice di teatro che si innamora del nipote di Totò e Peppino De Filippo. Federico Fellini la chiama a recitare il ruolo di Jessy, l'amante di Amedeo Nazzari in Le notti di Cabiria. Prende parte anche a Il grido di Michelangelo Antonioni nei panni della benzinaia Virginia.
Entrata nel cinema d'autore, continua ad essere molto richiesta nel cinema brillante; per il film Mogli pericolose di Luigi Comencini (1958) il suo talento è premiato da un Nastro d'Argento come migliore attrice non protagonista.
A metà degli anni sessanta, in attesa di un figlio, a soli 29 anni di età si ritira dalle scene facendo perdere le proprie tracce.

Si uccide a 75 anni, il 16 febbraio 2011, sparandosi alla tempia con una pistola a Torcegno, in Trentino, dove viveva.

lunedì 14 febbraio 2011

Nel famoso quadro " I girasoli " di Vincent van Gogh il colore giallo potrebbe alterarsi per sempre


Un gruppo di ricercatori europei appartenenti all’Istituto di scienze e tecnologie molecolari del Consiglio nazionale delle ricerche (Istm-Cnr), al Dipartimento di Chimica dell’Università di Perugia, ai Dipartimenti di Chimica e Fisica dell’Università di Anversa, all’Università di Tecnologia di Delf (TUDelft) e all’Esrf (European Synchrotron Radiation Facility) di Grenoble ha iniziato un attento studio per valutare e capire il fenomeno di degradazione del colore giallo cromo che minaccia i più celebri capolavori di Vincent van Gogh. Gli importanti risultati sono stati pubblicati oggi sulla rivista Analytical Chemistry.

“La problematica è nota da tempo. Le varie sfumature del giallo, tipiche della vibrante pittura di Vincent van Gogh e di molti altri impressionisti come Seraut, Pissarro, Manet e Reinoir, sono a rischio”, spiega Costanza Miliani, ricercatrice dell’Istm-Cnr e coautrice dello studio. “I gialli a base di cromato di piombo (giallo cromo), a dispetto della bellezza e intensità delle tinte, sono caratterizzati da una scarsa stabilità chimica e fotochimica che si manifesta nel tempo con un marcato imbrunimento”. Gli antichi maestri usarono nel corso dei secoli per la realizzazione delle proprie opere colori naturali finchè nel diciannovesimo secolo i pittori furono immediatamente attratti dalle possibilità espressive dei pigmenti di nuova formulazione che vennero introdotti nel mercato grazie all’evoluzione della chimica di sintesi. Il problema però che è stato notato è che questi colori più moderni ed intensi mostrano nel tempo una maggiore reattività rispetto agli agenti atmosferici come luce, temperatura e umidità, subendo così una significativa ed irreversibile trasfornmazione, molto di più rispetto ai colori naturali.
I ricercatori hanno effettuato indagini spettroscopiche su campioni originali di pittura e altri di riferimento invecchiati artificialmente. “I preziosi micro-campioni originali in sezione stratigrafica sono stati prelevati dai dipinti Banks of the Seine (1887) e View of Arles with Irises (1888), conservati al van Gogh Museum di Amsterdam, che mostrano in modo evidente l’alterazione del giallo di cromo”, prosegue Miliani. “Sono state utilizzate le tecniche µ-XANES (micro X-Ray Absorption Near Edge Spectroscopy), µ-XRF (micro X-Ray Fluorescence), EELS (Energy Electron Loss Spectroscopy), micro-FTIR e micro-Raman. L’analisi dei dati ottenuti ha permesso di dimostrare che l’annerimento è legato alla riduzione del Cromo VI a Cromo III. In particolare il Cromato di piombo (PbCrO4) degrada formando Ossido di cromo (Cr2O3 .2H2O) come principale prodotto di degrado, accompagnato da altri composti del Cr(III) come solfati o acetati idrati. Inoltre, è stato dimostrato che queste specie di degrado di Cr(III) sono confinate in un sottile strato di spessore pari a 1-2 microns e che la loro formazione è catalizzata dalla presenza nello strato pittorico di ioni solfato”.

L'obbiettivo dei ricercatori è quello di comprendere quali condizioni favoriscano il degrado del colore e le possibilità per rallentarlo. Infatti non tutti i dipinti di van Gogh hanno subito la stessa alterazione, ad esempio nella serie dei Girasoli la versione conservata presso la National Gallery di Londra mantiene le tonalità vibranti del giallo non alterato mentre la versione del van Gogh Museum di Amsterdam presenta un marcato viraggio al marrone. Sembra comunque che i raggi UV siano fra gli agenti più indiziati , per cui viene data come prima indicazione quella di proteggere i quadri dalla luce solare .
“Questo tipo di ricerche è fondamentale per avanzare le nostre conoscenze sull’invecchiamento delle pitture e su come sia meglio conservarle per le generazioni future” commenta Ella Hendriks del van Gogh Museum di Amsterdam.

Fonte c.s. CNR 10/2011
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venerdì 4 febbraio 2011

L’aristocrazia? “Non esiste” secondo Giulio Giustiniani


Il famoso giornalista, già direttore di varie testate nazionali, si racconta per Maria Pacini Fazzi Editore nel suo libro sulla lunga e avvincente storia della nobile casata da cui proviene

L’aristocrazia? “Non esiste”. Questo emerge dalle avvincenti pagine de Il sangue è acqua. Il doge, il santo, l’avventuriero, il principe dei mongoli e altri parenti”, il libro con cui Giulio Giustiniani, attraversando secoli e continenti, racconta della sua famiglia, stirpe di nobili dalle origini antichissime, edito da Maria Pacini Fazzi di Lucca.

Famoso giornalista già direttore di varie testate nazionali, ora in buen retiro a Percoto (Udine), dove abita con la moglie Elisabetta Nonino, in questo libro Giustiniani fa rivivere il grande passato dei suoi antenati, personaggi celebri e non, che l’autore, senza alcun intento celebrativo, riporta a sé e al proprio presente nel segno della ferrea consapevolezza, inculcatagli dal nonno materno, che «il sangue è acqua e niente definisce l’aristocrazia in quanto tale, e quindi l’aristocrazia non esiste. Non è un ceto, né una classe. Nobile è soltanto chi aggiunge a un buon cognome, che se c’è non guasta, alcuni meriti veri e personali: cultura, sensibilità, educazione, operosità. Il resto è stoltezza e superbia». Non è un caso, infatti, che alle sue figlie dica sempre “che è molto più importante il cognome Nonino, che è un brand, di quello di Giustiniani, che è un ricordo”.

Il volume, che appare quasi come un racconto intimo a uso dei propri figli, rappresenta dunque un contributo originale ai rari studi sul mondo aristocratico, in cui il lettore è condotto attraverso i secoli e i costumi di “chi nasce”, come si diceva una volta dei nobili, con passo curioso e disinvolto, talvolta spregiudicato, ricostruendo una storia minuta, quella con la s minuscola, che spesso gli storici trascurano.

Senza attenersi a una narrazione strettamente cronologica, ma concedendosi digressioni che ne impreziosiscono invece l’andamento a tratti anche romanzesco, il libro descrive come era davvero quel mondo aristocratico e da che cosa era segnato: «la fede in Dio, il senso della misura, l’amore per la bellezza, l’arte di far durare la famiglia insegnandole a non dissipare niente, né beni né ricordi. Come rispettare i più semplici, cioè quasi tutti gli altri. Come vivere dando un significato al vivere».

Il racconto prende le mosse dai personaggi del ramo materno, i toscani Sardi e Mazzei, per poi affrontare quelli della parte paterna, i veneti Giustiniani e i fiorentini Pandolfini, e concludersi sui tempi a noi più prossimi con brevi squarci legati alla stretta cerchia dei genitori e fratelli.

Così, in questo racconto autobiografico, attraverso gli occhi sbigottiti di un bambino che invano cerca nel passato un segno del suo destino, s’incontra di tutto: un settecentesco banchiere lucchese fallito ad Amsterdam e ridottosi a fare il coltivatore nella Guyana olandese tra schiavi di colore dai sensi troppo accesi; un patriota italiano che si ritrova a combattere come spia per l’indipendenza americana contro gli inglesi; la figlia di un famoso scrittore che giace nel suo letto di moribonda, martoriata dalla tisi, e invoca il grande padre lontano e assente; due monache di clausura che chiedono a Dio “agonia per sé e gioia per i parenti”; un avventuriero spendaccione che scandalizza la corte polacca. E poi ancora: un monaco che deve lasciare il convento, fino ad arrivare a una signora che s’innamora di un grande poeta romantico, passionale e infedele come lei, e ad un’altra ancora che, travolta dai sentimenti, abbandona il marito fiorentino per scappare a San Pietroburgo con un ufficiale dello Zar che discende addirittura da un principe mongolo dell’Orda d’oro di Gengis Khan.